Cattolici al bivio. Non si tace sul Vangelo

Lo storico Alberto Melloni rovescia una certa logica corrente: non è parlare di temi socialmente e politicamente rilevanti che porta la divisione nella Chiesa. Al contrario, sono soggetti politici esterni che, nel tentativo di impedire alla Chiesa di dire una parola di Vangelo su tali temi, operano per portare la divisione all’interno delle comunità cristiane. Si tratta di un’azione determinata e consapevole.

di Alberto Melloni

“La Repubblica”, 8 luglio 2019

Il format propagandistico salviniano continua a esercitare un effetto ipnotico sugli elettori, e dunque sull’elettorato cattolico: con strumenti, dimensioni e obiettivi specifici. La propaganda salviniana è infatti riuscita a prendere in ostaggio non solo il cattolicesimo tradizionalista integralista, che era già suo. Non solo lo ha messo in contatto, assorbendo il voto di Forza Nuova e di CasaPound, con pulsioni suprematiste e antisemite di cui si vedono oggi gli effetti in paesi come la Polonia. Ma poi è andata oltre.

Ha infatti saputo sedurre e sequestrare pezzi di devozionalismo conservatore cattolico: certamente per ovvi fini elettorali (obiettivo già raggiunto), e non di meno per dividere la chiesa, con effetti e mandanti che vanno cercati tra i grandi attori internazionali ostili a papa Francesco.
La propaganda degli spin doctor leghisti ha infatti irretito quella parte di cattolicesimo rivendicando la titolarità di una lista di valori non negoziabili da “destra cristiana” (no ad aborto, lgbt rights , libertà religiosa, migrazione), non sempre praticati. E vi ha opposto una lista di valori “cristiani papisti” adatti ai “comunisti” (soccorso ai naufraghi, cura del povero, fratellanza umana, dialogo interreligioso).

Ora il dilemma che oggi si pone alla coscienza dei fedeli e dei pastori cattolici non riguarda liste di valori, ma il rifiuto di antagonismi che dividono la chiesa. È su questo che la coscienza cristiana non può tacere: ridurre la chiesa a res inanimata, da dividere come è accaduto alla società e al discorso pubblico, a cui si impedisce di dire la parola del Vangelo.

Se reagirà la chiesa eviterà di essere vampirizzata, difenderà il Papa, renderà un servizio al Paese. È plausibile che la chiesa si desti dal torpore? Sì, ma solo se riconoscerà che la sua debolezza risale alle scelte degli anni Novanta. Quando sognando una nuova “rilevanza” pubblica nel meraviglioso mondo berlusconiano, anche la chiesa ha rottamato quelle che erano state le due leve con cui aveva meritato rispetto e dato al Paese uomini di valore: e cioè la costruzione delle competenze e la formazione delle coscienze.

Dismessa quella tensione accadde l’inevitabile: l’allineamento ideologico diventò una virtù e la pigrizia evangelica un merito.

La prova dell’estenuazione della chiesa italiana venne a Firenze nel novembre 2015: allora papa Francesco fece un discorso deflagrante sul piano spirituale, teologico, politico e la reazione della chiesa italiana fu lo zero, uno zero di cui Francesco si è lamentato in pubblico.

In questa condizione di anemia spirituale guadagnare consenso parrocchiale e diventare un “partito anticristiano” che fischia il Papa era un obiettivo plausibile: e la propaganda salviniana ci ha lavorato.

Tanto sa che il suo antagonista non è un partitino cattolico o qualche ideina cattolica: ma un atto sinodale che mostri l’unità della chiesa nell’obbedienza al vangelo. Ma i vescovi non lo vogliono fare finché il Papa non lo ordina e il Papa non lo ordina finché i vescovi non lo vogliono. E dunque il dilemma rimane dilemma delle coscienze. Il che non è una bella notizia.

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