Provare l’impossibile: mettersi nei panni di popoli in guerra
“Quando le persone affermano di essere pro Israele o pro palestinesi mi deprimo
perché capisco che qualsiasi cosa dica resteranno della loro idea” (…)
“La gente è convinta che odiare una parte o l’altra sia attivismo,
mentre lo è affrontare i problemi e provare a risolverli”
[Etgar Keret]
In questa News Letter troverete due poesie e sette testi parte dei quali nati in ambiente palestinese, parte nel contesto ebraico-israeliano. Continua a leggere
Poesie di guerra
Due composizioni poetiche, dai “fronti” opposti. Leggi i testi
R. Alareer – Mia figlia mi chiede: ” Israele può distruggere la nostra casa se manca la corrente?”
TAL AL-HAWA, Striscia di Gaza – Martedì sera, mia moglie, i miei sei figli ed io ci siamo rannicchiati nel soggiorno del nostro appartamento, il luogo con meno probabilità di subire un colpo vagante dai missili israeliani o dai detriti che essi disperdono. Stavamo guardando il live streaming di Al Jazeera sull’imminente distruzione di al-Jawharah (The Gem), uno degli edifici più grandi di Gaza, da parte degli aerei da guerra israeliani, quando è andata via la corrente. Continua a leggere
M. Isaac: “Cristo sotto le macerie”
Siamo arrabbiati, siamo spezzati. Questo doveva essere un momento di gioia. Invece siamo in lutto. Abbiamo paura. Più di 20.000 uccisi. Migliaia sono ancora sotto le macerie. Circa 9.000 i bambini uccisi nel più brutale dei modi, giorno dopo giorno, 1 milione e 900.000 sfollati, centinaia di migliaia di case distrutte. Gaza, per come l’abbiamo conosciuta, non esiste più. Continua a leggere
K. Kattan: Non contribuire alla nostra cancellazione, alla nostra distruzione. Dite: “cristiani palestinesi”
Signor Macron, in questo periodo natalizio così doloroso per i palestinesi di tutte le fedi, lei ha inviato a noi cristiani di Palestina un messaggio di solidarietà e sostegno. In un comunicato dell’Eliseo pubblicato il 24 dicembre – nella notte buia in cui è avvenuto l’ennesimo massacro a Gaza, nel campo profughi di Maghazi, costato la vita a più di 70 persone – lei ha espresso la sua preoccupazione e il suo sostegno parlando al Patriarca latino di Gerusalemme. Continua a leggere
F. Mannocchi: Coloni in prima linea
Hebron. Joel Copeland ha 46 anni, è il responsabile del dipartimento di consulenza finanziaria di un grande gruppo di investimenti immobiliari in Israele. È, o meglio sarebbe, perché ora è tempo di guerra e si parla meno di investimenti e più di difesa. È in uniforme, fucile in spalla, quando arriva all’ingresso dell’insediamento ortodosso di Otniel, venti chilometri a sud di Hebron. È in uniforme perché ha il turno della sicurezza dell’area. Continua a leggere
E. Nevo: «Noi, il male e la sfida. Non farci contagiare»
ll 7 ottobre, quando è avvenuta la carneficina, ero in Italia. A Torino, in un bell’appartamento, vicino a Piazza Emanuele Filiberto. In quelle stesse ore mia moglie e le mie figlie erano in volo per Israele. Il loro aereo non ha ricevuto l’autorizzazione ad atterrare per timore che i missili colpissero l’aeroporto ed è stato dirottato su Cipro. Continua a leggere
E. Keret: “È una follia dover scegliere quali vittime piangere e quali no”
Dalla finestra del suo appartamento a Tel Aviv lo scrittore Etgar Keret vede un Paese «sospeso», molti caffè sono chiusi o aprono a singhiozzo perché il personale è nella riserva, le scuole funzionano parzialmente con le classi a rotazione in smart working come durante il coronavirus, buona parte degli asili sono deserti perché privi di shelter adeguati. L’alba del 7 ottobre ha cambiato il presente degli israeliani, quello dei palestinesi e quello nero di Gaza, distante meno di un’ora di auto eppure lontanissima. Continua a leggere
B. Stephens: Perché non riesco a smettere di scrivere del 7 ottobre
Questa sarà la mia ultima rubrica dell’anno e sarà più personale di molte altre. È uno sforzo per spiegare, a me stesso e ai lettori, perché non riesco a smettere di scrivere del 7 ottobre e delle sue conseguenze. Continua a leggere