Dopo un mese di discussioni, la seconda assemblea del Sinodo sulla sinodalità ha concluso i suoi
lavori a Roma sabato 26 ottobre 2024. Con un gesto raro, la relazione finale è stata
immediatamente approvata da Papa Francesco e raccomanda un cambiamento di stile e una serie
di riforme considerate importanti.
Un gesto raro, subito accolto da un applauso nella Sala Paolo VI in Vaticano. Sabato 26 ottobre, a
conclusione dei lavori del Sinodo sulla sinodalità, il Papa ha annunciato che il suo documento finale
sarebbe stato pubblicato così com’è, e che non sarebbe stato accompagnato da un’esortazione
apostolica.
Il testo ha comunque un valore magisteriale e può “servire da guida”, ha detto Francesco. Frutto di
tre anni di consultazioni e dibattiti, questo riassunto di 51 pagine e 155 articoli propone una riforma
della governance della Chiesa, che intende essere più partecipativa. La Croix ha individuato 10
proposte concrete avanzate dall’Assemblea. Senza essere esaustive, esse danno un’idea precisa delle
riflessioni più compiute di questo Sinodo.
► Rafforzare l’accesso delle donne a posti di responsabilità
Esaminata in modo particolare, la questione dell’apertura del diaconato alle donne è stata oggetto di
un’inversione di rotta. L’argomento, che era stato affidato a un apposito gruppo di lavoro, non è
stato incluso nella bozza presentata lunedì 21 ottobre nella Sala Paolo VI. La menzione del
diaconato femminile è comunque ricomparsa nel testo finale: “Non c’è nessuna ragione o ostacolo
che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: non si potrà fermare ciò che
viene dallo Spirito Santo”, si legge nel documento, che pone un’enfasi molto maggiore rispetto alle
versioni precedenti sugli “ostacoli” incontrati dalle donne nella Chiesa.
Il paragrafo dedicato al diaconato e a queste disuguaglianze – l’articolo 60 – ha ricevuto il maggior
numero di opposizioni durante la votazione finale dell’Assemblea (97 contrari, su 356 partecipanti),
sabato 26 ottobre. Tutti gli articoli del testo sono stati adottati dai due terzi dell’Assemblea.
Quest’ultima chiede, più in generale, “la piena attuazione di tutte le possibilità già previste dal
diritto canonico per quanto riguarda il ruolo delle donne, in particolare nei luoghi in cui sono
ancora poco esplorate ”.
► Introdurre regole di trasparenza finanziaria e di prevenzione degli “abusi”.
In un momento in cui la credibilità della Chiesa è stata offuscata negli ultimi anni dagli scandali, il
documento finale propone di introdurre regole per “incoraggiare una cultura della trasparenza”
nella Chiesa. Senza compromettere “il rispetto per la privacy o la riservatezza delle persone”, ciò
dovrebbe riflettere una preoccupazione per una gestione più “chiara, leale, coerente e onesta”, si
legge nel testo, che chiede l’attuazione di diverse misure concrete, come la produzione di audit
finanziari annuali.
Delle relazioni, anch’esse annuali, dovrebbero anche descrivere in dettaglio le misure adottate per
proteggere “i minori e le persone vulnerabili”. Il documento propone anche una“formazione
specifica” per tutti coloro che lavorano a contatto con tali persone.
I “ministeri e le missioni” dei responsabili cattolici dovrebbero essere oggetto di una valutazione
periodica. “La novità è che non si tratta più di rendere conto solo al proprio superiore, ma
all’insieme della comunità”, afferma un teologo presente al Sinodo. Come segno che questa dinamica
di “responsabilità” si applica a tutti i livelli, il documento menziona la possibilità di una
“valutazione periodica” della Curia, che potrebbe “riguardare anche i rappresentanti pontifici”.
► Esplorare un nuovo “ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento” per i laici
I contorni di questo possibile “ministero laico” non sono ancora definiti. Alcuni membri
dell’assemblea hanno suggerito di concentrarsi sull’accoglienza di “coloro che sono ai margini della
comunità ecclesiale, di coloro che ritornano dopo essere stati lontani, di coloro che sono alla
ricerca della Verità e che desiderano essere aiutati a incontrare il Signore”. Durante questa
sessione, “sono state tracciate due linee di demarcazione tra coloro che sono favorevoli a questa
rivalutazione della dimensione dell’ascolto e coloro che ritengono che questo debba rimanere di
competenza di tutti i battezzati” e non richieda un ministero specifico, riassume un padre sinodale.
Queste “divergenze”, che sono menzionate nel testo, richiedono un ulteriore “discernimento”.
La proposta di istituire un “ministero della predicazione” – che avrebbe permesso a uomini e donne
laici di tenere omelie – è stata avanzata più volte questo mese, ma non è stata inclusa nel testo
finale. Eppure era menzionata nell’Instrumentum laboris, il documento di lavoro su cui si sono
basate le discussioni.
Rendere obbligatori i consigli pastorali e diocesani
Il documento chiede di “rendere obbligatoria” l’istituzione, con un ruolo effettivo, di consigli
parrocchiali, diocesani o equivalenti per gli affari economici. “Ciò è stato richiesto in ogni fase del
processo sinodale”, sottolineano gli autori, che auspicano che questi organismi “siano in grado di
svolgere appieno il loro ruolo, e non solo in modo puramente formale”.
La sintesi finale sottolinea anche che “particolare attenzione” deve essere prestata alle procedure di
nomina dei membri di questi consigli. “Quando non è prevista un’elezione”, si legge nel
documento, “si deve attuare una consultazione sinodale che esprima il più possibile la realtà della
comunità o della Chiesa locale”.
Su questo punto, il testo è diventato meno restrittivo. Il documento di lavoro raccomandava che più
della metà dei membri di questi consigli non fossero scelti dal sacerdote o dal vescovo. “La
maggioranza dei membri” degli organismi di partecipazione della Chiesa locale non dovrebbe
essere nominata “dall’autorità (vescovo o parroco), ma (…) scelta in qualche altro modo che
permetta di rappresentare la realtà della comunità o della Chiesa locale”.
► Incoraggiare lo svolgimento “regolare” dei sinodi diocesani
L’Assemblea invita a sviluppare i sinodi diocesani, descritti come organismi “per una
consultazione regolare da parte del vescovo”. Il vescovo potrebbe riferire sulle sue iniziative in
materia di protezione dei minori, finanze e amministrazione dei beni. Il documento raccomanda che
queste consultazioni locali si tengano “regolarmente, e non di rado”.
Una prima bozza del documento, che La Croix ha potuto consultare, raccomandava di organizzare
questi eventi ogni “tre-cinque anni”. Soprattutto, prevedeva di renderli “obbligatori”. “Questo
aspetto ha sollevato resistenze interne: queste iniziative locali sono spesso gravose e impegnative
in termini di amministrazione o di risorse umane nelle diocesi”, giustifica una fonte del Sinodo.
Ricordare che i vescovi “possono delegare” e chiarire il ruolo dei loro ausiliari
In un sottocapitolo dedicato al ministero del vescovo, il testo ricorda la necessità di “chiarire il
ruolo dei vescovi ausiliari e di ampliare i compiti che il vescovo può delegare”. Più in generale,
l’Assemblea sinodale raccomanda che ai vescovi vengano offerti “corsi di formazione permanente”
adatti al contesto.
Propone inoltre che la loro ordinazione episcopale avvenga sempre nella diocesi di destinazione – e
non più in quella di origine, come è ancora consuetudine in alcune parti del mondo.
La proposta di istituire un “Consiglio dei vescovi emeriti”, inizialmente prevista, è stata esclusa
questa settimana – anche se il testo chiede di “valorizzare” l’esperienza dei vescovi emeriti.
Formazione di un Consiglio di rappresentanti delle Chiese orientali intorno al Papa
In un momento in cui i rapporti tra Roma e i rappresentanti delle Chiese orientali sono talvolta
burrascosi, il documento propone la creazione di un “Consiglio dei patriarchi e degli arcivescovi
maggiori e metropoliti delle Chiese orientali cattoliche” attorno al Papa. Un modo per promuovere
“la comunione” e “la condivisione di un comune patrimonio liturgico, teologico, canonico e
spirituale”, descrive il testo, che affronta anche la delicata questione della “migrazione di molti
fedeli orientali verso regioni di rito latino”, con il rischio di “compromettere la loro identità”.
In risposta a questa problematica, il testo chiede in particolare di “rafforzare il più possibile la
collaborazione tra la Chiesa latina e le Chiese cattoliche orientali”. Contrariamente a quanto
previsto nella versione messa ai voti nella mattinata di sabato 26 ottobre, il documento finale non
prevede una “estensione della giurisdizione” delle “Chiese sui iuris” nelle diaspore dove i fedeli
emigrano.
► Organizzare un sinodo ecumenico sull’evangelizzazione
In termini di ecumenismo, il documento immagina “forme di consultazione e discernimento su
questioni di interesse comune e urgente, come la celebrazione di un sinodo ecumenico
sull’evangelizzazione”. Una dinamica che dovrebbe essere all’opera nei consigli parrocchiali e
diocesani: “Può essere opportuno prevedere la partecipazione (a questi organismi locali) di
delegati di altre Chiese e Comunioni cristiane, come è avvenuto in questa Assemblea sinodale”, si
legge nel testo.
Il 1700° anniversario del Concilio di Nicea, nel 2025, potrebbe essere l’occasione per nuovi eventi
ecumenici, mentre continua la riflessione per lanciare “iniziative coraggiose per una data comune
della Pasqua”. “Stiamo davvero assistendo a un cambiamento d’epoca sull’ecumenismo”, concorda
frère Alois, ex priore della Comunità di Taizé, che nota come “il tema sia stato molto presente
quest’anno” sulla scia del documento del Dicastero per l’unità dei cristiani intitolato “Il vescovo di
Roma”, citato nel testo.
► Creare un “osservatorio ecclesiale sulla disabilità”
All’apertura della sessione di ottobre, questo tema non era all’ordine del giorno. Tuttavia, il
documento prevede la creazione di un “osservatorio ecclesiale sulla disabilità”, senza fornire alcun
dettaglio, e dice di riconoscere “le capacità apostoliche delle persone disabili che si sentono
chiamate e inviate come agenti attivi di evangelizzazione”.
In questo modo, il testo propone di “valorizzare il contributo che proviene dall’immensa ricchezza
di umanità che essi portano”. “Riconosciamo”, ha voluto insistere l’assemblea, “ le loro esperienze
di sofferenza, emarginazione, discriminazione, a volte subite all’interno della stessa comunità
cristiana, a causa dell’espressione di una compassione che può essere paternalistica”.
► Più donne nei seminari e “formazione comune” tra sacerdoti e laici
“Durante tutto il processo sinodale”, insiste la sintesi, “ è stata ampiamente espressa la richiesta
che i percorsi di discernimento e formazione dei candidati al ministero ordinato siano configurati
in uno stile sinodale”. Ma come può questo “stile sinodale” essere tradotto in pratica nei seminari?
Dovrebbe comportare “una presenza significativa di figure femminili, un inserimento nella vita
quotidiana delle comunità e una formazione in collaborazione con tutti i membri della Chiesa”,
suggerisce il documento, prima di chiedere una revisione della Ratio fundamentalis Institutionis
sacerdotalis, integrando le richieste del Sinodo.
Infine, il testo raccomanda il mantenimento di una “formazione integrale, permanente e condivisa”
che potrebbe riunire laici, chierici, seminaristi, ecc. per favorire una maggiore conoscenza e
collaborazione reciproca.