Sviluppo della visione conciliare della Chiesa comunione: rinnovamento spirituale e riforma strutturale
Si è conclusa il 27 ottobre scorso, a Roma, la XVI assemblea sinodale dell’intera Chiesa cattolica che ha raccolto i frutti di un intenso lavoro di consultazione a vari livelli sul tema “Per una Chiesa sinodale”. Il cammino era partito per iniziativa di papa Francesco nel 2021 ed ha coinvolto le Chiese locali e le Conferenze episcopali nazionali e continentali di tutto il mondo. All’ultima assemblea hanno partecipato 368 membri, dei quali 53 donne, religiose e laiche, con diritto di voto: un evento unico. Per volere dello stesso papa Francesco, a differenza delle fasi precedenti, i lavori di questa assemblea sono stati avvolti da una spessa cortina di silenzio per evitare indebite pressioni mediatiche, soprattutto su temi caldi come l’omosessualità e il diaconato alle donne, che sono stati addirittura stralciati dall’agenda sinodale. Nonostante ciò è difficile negare che questo Sinodo rappresenti una tappa storica non solo nel pontificato di Francesco, ma nel travagliato percorso della Chiesa dal Concilio Vaticano II (1962-65) in poi.
Proprio in consapevole continuità con il Concilio si muove il documento finale, discusso per 5 giorni dall’assemblea e composto da 155 paragrafi, votati uno per uno e approvati tutti a larghissima maggioranza. Il tradizionale criterio del consenso per capire “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” ha dunque funzionato, anche se tale criterio non è e non può essere l’unico, perché – come recita il Credo della Messa – lo Spirito parla soprattutto “per mezzo dei profeti”. Ma papa Francesco, che ci sembra singolarmente animato anche da un carisma di profezia, ha condiviso questo documento al punto da attribuirgli valore magisteriale. La continuità e lo sviluppo della visione conciliare della Chiesa come comunione è dunque una chiave di lettura fondamentale del testo [cfr. nn. 15-18], ma giustamente – dopo 60 anni in cui il mondo contemporaneo ha conosciuto cambiamenti epocali – l’accento batte sul termine sviluppo, che dà una connotazione dinamica, di discernimento comunitario e di decisioni condivise, trasparenti, verificate alla comunione dei fedeli, delle Chiese e dei vescovi: “la sinodalità è il camminare insieme dei cristiani con Cristo e verso il Regno di Dio, in unione a tutta l’umanità”; è “un cammino di rinnovamento spirituale e di riforma strutturale per rendere la Chiesa più partecipativa e missionaria” [28-30].
Per dare un nome preciso a “rinnovamento spirituale e riforma strutturale” il documento adopera un termine biblico molto denso: “conversione”. È questa una seconda chiave di lettura fondamentale del testo. Tutte le sezioni del documento finale sono poste sotto il segno della “conversione”, che è nominata ben 25 volte: la prima parte è intitolata “Il cuore della sinodalità: chiamati dallo Spirito Santo alla conversione”; la seconda “La conversione delle relazioni”; la terza “La conversione dei processi”; la quarta “La conversione dei legami”. Il paragrafo n. 5 precisa che la conversione “viene dall’ascolto del Vangelo”. Poiché il Sinodo chiede espressamente una fase attuativa, si invitano le varie realtà ecclesiali (dalle parrocchie alle diocesi, dalle aggregazioni dei fedeli alle conferenze episcopali) a “realizzare una tangibile conversione sinodale” [9] e poco oltre si rincara la dose, affermando che “la conversione dei sentimenti, delle immagini e dei pensieri che abitano il nostro cuore procede assieme alla conversione dell’azione pastorale e missionaria” [11]. Su questo cambiamento interiore e insieme strutturale il documento finale è esigente e chiarissimo.
Eppur si muove: gli elementi innovativi
Fin dalla premessa, le parole sinodo e sinodalità sono declinate con insistenza e in molti modi, segnando indubbiamente uno sforzo di rileggere in questa prospettiva tutti gli aspetti della vita ecclesiale, al centro e nelle chiese locali.
Alcune questioni sono state rinviate alle chiese locali, che nel testo del documento vengono decisamente e ricorrentemente valorizzate nella loro diversità e responsabilità.
1, Il Popolo di Dio al centro. Viene anzitutto ribadito che tutti i battezzati, il Popolo santo di Dio, partecipano della funzione profetica di Cristo, hanno un istinto per la verità del Vangelo e il loro consenso unanime in materia di fede e morale contribuisce a certificare il legame con la fede apostolica [22].
C’è uno stretto legame tra sinodo e assemblea eucaristica (sinassi), che va approfondito e a cui gli stili celebrativi vanno adeguati. Viene perciò richiesto un gruppo di studio che ripensi in questa prospettiva la liturgia e la predicazione al suo interno [27].
La sinodalità è un cammino di rinnovamento spirituale, ma anche di riforma strutturale [28]. Essa è una questione di stili, di strutture e di processi ecclesiali ordinari e straordinari [30].
Va pertanto ampliata la possibilità di partecipazione e di esercizio della corresponsabilità di tutti i battezzati, uomini e donne [36], e valorizzato il patrimonio spirituale delle Chiese locali [37].
La Chiesa intera è da sempre una pluralità di popoli e lingue, di Chiese con i loro particolari riti, discipline e patrimoni teologici e spirituali. Unità nella diversità, è questo che designa la cattolicità della Chiesa [38].
2. I ministeri. In forza del Battesimo uomini e donne godono di pari dignità, ma le donne continuano a trovare parecchi ostacoli. “Non ci sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa e non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo. Anche la questione dell’accesso delle donne al ministero diaconale resta aperta” [60].
Quello del Vescovo è un servizio nella, con e per la comunità. Per questo l’Assemblea sinodale auspica che il Popolo di Dio abbia maggiore voce nella scelta dei Vescovi [70].
Accanto ai ministeri non ordinati, ma già istituiti ritualmente (accolito, lettore, catechista), ci sono attualmente ministeri non istituiti, ma esercitati con stabilità, come il ministero di coordinare una piccola realtà ecclesiale o di guidare la preghiera della comunità. Sulla base delle esigenze dei contesti locali, viene lasciata la possibilità la possibilità di allargare e rendere stabili alcune forme di esercizio ministeriale, promuovendone l’esercizio da parte di fedeli laici [76].
L’Assemblea ha considerato la proposta di istituire un ministero dell’ascolto e dell’accompagnamento, destinato in modo particolare all’accoglienza di chi è ai margini della comunità ecclesiale. Rimane l’esigenza di proseguire il discernimento a riguardo. I contesti locali dove questa esigenza è maggiormente sentita potranno promuovere una sperimentazione [78].
3. I processi decisionali e di valutazione. Va favorita la più ampia partecipazione possibile di tutto il Popolo di Dio ai processi decisionali [87].
La competenza decisionale dei Vescovi non è incondizionata. È opportuna una revisione della normativa canonica che chiarisca la distinzione e l’articolazione tra momento consultivo e momento deliberativo [92].
La decisione va accompagnata anche da pratiche di rendiconto e valutazione [95]. Compete alle Chiese locali costruire forme e procedure efficaci, appropriate alla varietà dei contesti, valorizzando le competenze laicali. Va garantito in ogni caso un effettivo funzionamento dei Consigli degli affari economici, la pubblicazione annuale di un rendiconto economico e di un rendiconto sullo svolgimento della missione [102].
La partecipazione dei battezzati ai processi decisionali si realizza anzitutto negli organismi di partecipazione: Sinodo diocesano, Consiglio pastorale diocesano, Consiglio pastorale parrocchiale, Consiglio diocesano e parrocchiale per gli affari economici. Essi devono essere resi obbligatori [103-104]. Quanto alle modalità di designazione dei membri, se non è prevista l’elezione, si attui una consultazione e si proceda alla nomina sulla base del suo esito [105].
4. I rapporti sinodali all’interno e con le altre Chiese. La valorizzazione dei luoghi “intermedi” tra Chiesa locale e Chiesa universale può favorire una più significativa presenza nel nostro tempo [119], con il riconoscimento e la valorizzazione dei diversi contesti. L’adozione di uno stile sinodale permette alle Chiese di muoversi con ritmi diversi, espressione di una legittima diversità e opportunità di scambio e arricchimento reciproco [124].
Le Conferenze Episcopali hanno un ruolo importante nello sviluppo della sinodalità, con il coinvolgimento dell’intero Popolo di Dio. Si propone di precisare l’ambito della competenza dottrinale e disciplinare delle Conferenze Episcopali. Questo può favorire l’insegnamento autentico dell’unica fede in un modo adeguato e inculturato nei diversi contesti, individuando le opportune espressioni liturgiche, catechetiche, disciplinari, pastorali, teologiche e spirituali [125].
L’Assemblea sinodale propone di istituire un Consiglio delle Chiese Orientali Cattoliche, presieduto dal Papa, che sia espressione di sinodalità e strumento per promuovere la comunione e la condivisione del patrimonio liturgico, teologico, canonico e spirituale [134].
Il Sinodo dei Vescovi è espressione e strumento della relazione costitutiva tra l’intero Popolo di Dio, il Collegio dei Vescovi e il Papa e la sua composizione attuale esprime una modalità di esercizio del ministero episcopale coerente con la Tradizione delle Chiese e con il Concilio Vaticano II [136].
Il dialogo ecumenico è fondamentale per sviluppare la comprensione della sinodalità e dell’unità della Chiesa. Vanno promosse pratiche sinodali ecumeniche, di consultazione e discernimento su questioni di interesse condiviso e urgente, come potrebbe essere la celebrazione di un Sinodo Ecumenico sull’evangelizzazione [138].
5. Nell’ultima parte, dedicata alla “missione”, si affronta una varietà di questioni, tra le quali quella della formazione ai ministeri. Per quanto riguarda i futuri presbiteri viene richiesto che i percorsi di discernimento e formazione abbiano stile sinodale e coinvolgano anche delle donne. Per questo occorrerà una revisione della disciplina canonica in materia.
I punti critici e di sofferenza
Nel Documento finale approvato con la maggioranza qualificata dei due terzi, si avverte il difficile equilibrio raggiunto fra visioni teologiche ed ecclesiali molto diverse ed emergono alcuni punti particolarmente critici sui quali il dissenso si è tradotto in voti negativi oscillanti tra il 27 e il 10%.
1. Le donne nella Chiesa. Al primo posto per difficoltà di ricezione si trova il n. 60 sul ruolo delle donne nella Chiesa: nonostante si riconosca che “non ci sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa” e si inviti “a dare piena attuazione a tutte le opportunità già previste dal diritto vigente relativamente al ruolo delle donne”, “la questione dell’accesso delle donne al ministero diaconale resta aperta”, quindi rinviata. La frase non era presente nella bozza, visto che il Papa ha riservato questo e altri temi a gruppi di studio appositamente costituiti. Ai commenti critici sulla mancata risposta positiva a un’attesa diffusa nel mondo occidentale (ma non in zone del mondo dove non sono presenti neppure diaconi maschi) si alternano posizioni più caute, soddisfatte per l’apertura a un’approvazione ancora possibile. In effetti al n. 52 si sostiene che “diamo testimonianza al Vangelo quando cerchiamo di vivere relazioni che rispettano l’uguale dignità e la reciprocità tra uomini e donne. Le ricorrenti espressioni di dolore e sofferenza da parte di donne di ogni regione e continente, sia laiche sia consacrate, durante il processo sinodale, rivelano quanto spesso non riusciamo a farlo”. Se su questa proposizione si sono trovati quasi tutti d’accordo, perché il n. 60 ha avuto tanto dissenso? Sarebbe interessante capire se i 97 voti contrari esprimano soltanto la contrarietà al diaconato femminile o provengano in parte da chi ha voluto bocciarne il rinvio. Anche il n. 148, che richiede una configurazione sinodale dei percorsi di discernimento e formazione dei candidati al ministero ordinato tramite una presenza significativa di figure femminili, un inserimento nella vita quotidiana delle comunità e la dimensione ecumenica presente in tutti gli aspetti dei percorsi verso il ministero ordinato, ha totalizzato 40 voti negativi [11%]: il problema è la presenza di formatrici donne nei seminari? Oppure il punto dolente riguarda la concezione complessiva del ministero ordinato e del suo servizio nella vita della Chiesa?
2. Le resistenze alla partecipazione. Significativi dissensi [quasi 13%] si registrano inoltre sulle proposte del n. 125 “di raccogliere i frutti della riflessione sullo statuto teologico e giuridico delle Conferenze episcopali”, precisandone le competenze dottrinali e disciplinari, favorendo l’esercizio collegiale e valutandone “il reale funzionamento”. Analoghe resistenze si riscontrano sulla richiesta di riesame del voto soltanto consultivo previsto dal Codice di diritto canonico per gli organismi di partecipazione [n. 92: 11% no]; sullo stretto legame tra l’assemblea eucaristica e quella sinodale che richiede di “rendere le celebrazioni liturgiche più espressive della sinodalità” [n. 27: 12% no]; sull’obiettivo di “rivalutare l’istituzione dei Concili particolari” per “realizzare una «salutare decentralizzazione» (Evangelii Gaudium 16) e un’efficace inculturazione della fede” [n. 129: quasi 11% no]. Collegialità, ruolo decisionale dei laici e una certa autonomia delle diverse Chiese provocano timori e reazioni difensive.
3. La teologia e il catechismo. Ad uno sguardo più complessivo, con riguardo anche ai punti di maggiore consenso, sembra mancare nel Documento una chiara e univoca visione teologica, con un’eccessiva focalizzazione sulla Chiesa (270 ricorrenze del termine), mentre il riferimento al Regno è limitato a 12 volte. Nonostante il richiamo al dialogo interreligioso per cui “una Chiesa sinodale s’impegna a camminare, nei diversi luoghi in cui vive, con i credenti di altre religioni e con le persone di altre convinzioni” [123], si afferma: il Battesimo “introduce tutti nel dono più grande: essere figli di Dio” [21], “Dio ha parlato al Suo Popolo, fino a darci in Gesù la pienezza di tutta la Rivelazione”, mentre già S. Ireneo scriveva: “Sin dall’inizio il Figlio, presente nella creazione, rivela a tutti il Padre, a coloro cui vuole, quando vuole e come vuole”. I nostri “fratelli maggiori”, gli ebrei, non sarebbero figli di Dio? Tanto meno islamici, buddisti, induisti ecc. o non credenti? Che ne è dell’annuncio di salvezza universale e della teologia della creazione e delle religioni?
Se per il Codice di diritto canonico si propone un riesame, nessun interrogativo suscita invece il Catechismo della Chiesa Cattolica, citato una sola volta [145] per invitare a una catechesi in uscita ed estroversa “senza in questo smarrire il riferimento al Catechismo della Chiesa Cattolica”.
Per quanto riguarda il tema scottante degli abusi, si parla molto di prevenzione, di richiesta di perdono, di sostegno alle vittime, ma, mentre per i bambini vittime di tratta e abusi nella società civile si chiede il coraggio della denuncia [61], questo non avviene per gli abusi all’interno della Chiesa [55].
Residuale appare il riferimento al magistero sociale della Chiesa, confinato in poche righe all’ultimo paragrafo prima della conclusione, con i temi “dell’impegno per la pace e la giustizia, della cura della casa comune e del dialogo interculturale e interreligioso” che nell’attuale contesto globale avrebbero meritato un maggiore approfondimento. Anche il cambiamento radicale indotto dalle tecnologie digitali, cui vengono dedicati i paragrafi 113 e 149, appare non adeguatamente sviluppato.
In questa newsletter proponiamo una rassegna di testi a nostro giudizio particolarmente interessanti come letture e commenti del Documento:
Saluto finale di papa Francesco all’Assemblea sinodale, sito vatican.va;
Sinodo: il posto delle donne, la trasparenza, i nuovi ministeri, di Mikael Corre e Malo Tresca, da “La Croix”;
Sinodo finito. Sinodo Iniziato? di Rosario Del Giudice;
Il Sinodo silenziato, di Franco Ferrari della “Rete Viandanti”;
Gli ultimi due articoli riguardano la Chiesa nel nostro Paese. Nei giorni scorsi si è tenuta la prima assemblea sinodale della Chiesa italiana, sulla quale probabilmente ritorneremo più avanti:
L’Italia si sente ancora cattolica… (Ricerca Censis), di M. Liut, da “Avvenire”;
Conclusioni dell’assemblea sinodale italiana di mons. Castellucci, sito della CEI.