Introduzione al Convegno del 20.04.24
Penso che tutti noi, in questi tempi difficili, stiamo faticosamente abituandoci a vivere in una situazione di precarietà, di minaccia e di impotenza, che aggiunge dimensioni nuove alle normali contingenze della vita, dimensioni che a me, negli ultimi tempi, hanno sembrato assumere una sapore vagamente biblico. E voglio sperare che siate a buon punto in questo cammino difficile, ma inevitabile, a cui cerchiamo di contribuire con occasioni come quella odierna. Sapendo che possiamo fare poco, quello che cerchiamo di fare è almeno dare un senso, o interrogarci sul senso che può avere per noi, quanto sta accadendo. In ogni caso questo è l’augurio che ci e vi facciamo noi del Forum di Limena.
C’è stato un evento spartiacque, quello del 24 febbraio 2022, che ha rapidamente cambiato il quadro delle speranze collettive: l’invasione ingiustificabile di un paese europeo sovrano, da parte di un altro paese europeo e il successivo impiantarsi di ciò che fino a ieri si riteneva impossibile, una guerra convenzionale in un contesto nucleare, quasi che si potesse fare la guerra anche in presenza del rischio atomico.
Quell’evento ci ha fatto uscire dagli ottimismi di fine secolo sulla nuova era di pace “perpetua”, costringendoci a fare i conti ancora con il permanere della guerra. Chi ha creduto di doverli fare almeno…, perché non tutti hanno considerato la durezza dell’evento e molti tra di noi hanno preferito esorcizzarlo a parole. Come durante il Covid si diceva “andrà tutto bene”, oggi si ripete “pace, pace”.
Questo evento – e quello che è seguito in Palestina – ci hanno fatto uscire inoltre dall’illusione che le religioni fossero ormai finalmente incamminate a diventare attori di pace: i cristiani almeno, pezzi importanti dell’Islam, le “tenere” religioni asiatiche… che ci illudevamo essere più tenere di quello che si stanno rivelando.
Tra i soggetti impegnati oggi a preparare, legittimare, inasprire i conflitti e soprattutto a renderli non componibili vediamo emergere soggetti di natura religiosa. Paradossalmente, ma non tanto se si considera il passato delle religioni.
Forse non le religioni nel loro insieme, nemmeno una religione presa isolatamente e nella sua interezza, ma parti più o meno ampie di esse, gruppi, movimenti interni ed esterni alle religioni istituite. Per brevità li chiamiamo “i fondamentalismi”, che da un certo punto in poi si radicalizzano e si politicizzano, mentre le altre componenti religiose si spoliticizzano e si moderano. Le religioni stesse diventano una sorta campo di battaglia, o se non lo diventano è semplicemente perché una parte non reagisce e lascia fare.
Se si prova allora a fare un bilancio grezzo del contributo netto delle diverse componenti religiose alla pace e alla guerra, si ha la sensazione che esso sia oggi in passivo. Che cioè le componenti fondamentaliste siano più attive ed efficaci di quelle orientate a costruire la pace. Quelli che dicono “non vi vogliamo in questa terra perché essa è nostra e voi siete diversi; non vogliamo avere nulla a che fare con voi perché siete diabolici”, sono molto più determinati e efficaci nella loro azione di quelli che dicono “fratelli tutti”. Perché? Solo perché distruggere è più agevole che costruire? Forse anche questo, ma non solo.
Il nostro convegno si propone di interrogarsi su questo sfondo pericoloso: sul perché le religioni, o parti di esse non trascurabili, entrano in guerra o vi rientrano. Ma anche sulle ragioni della debolezza di quelle istanze religiose che si sforzano di costruire la pace. Perché con questa debolezza è davvero necessario fare i conti oggi, andando oltre le lamentele contro i cattivi guerrafondai che governano il mondo, che se solo ci ascoltassero… le guerre finirebbero domani stesso.
Che cosa c’è di nuovo in tutto questo? Si tratta di una novità o di un ritorno? Le religioni sono un attore di stabilizzazione o di destabilizzazione? Quali margini ci sono perché vi possa essere un contributo delle religioni, efficace, non ingenuo, non solo verboso, alla costruzione della pace mondiale?
E in questo quadro la nostra religione, cristiano-cattolica, in che modo ha fatto i conti con il nuovo contesto caratterizzato dal permanere della guerra; come sta reagendo, con quale forza, convinzione, chiarezza teologica, efficacia?
Ci rendiamo conto che I temi di cui ci occuperemo oggi non sono di facile soluzione e non consentono di trovare risposte compiute. Ringrazio in particolare i teologi presenti, a questo riguardo, perché mi rendo conto che abbiamo chiesto loro di partecipare a un dibattito che a un certo punto si è interrotto. La speranza che la pace universale fosse alle porte ha in qualche modo spinto a non ragionare più su questi temi. E noi abbiamo chiesto loro di riprendere proprio questo cammino riflessivo.
Penso sarebbe già un risultato individuare i nodi cruciali e indicare quelli per cui non abbiamo ora soluzioni già confezionate e su cui occorrerà lavorare ancora senza fingere di risolvere a parole ciò che il precipitare degli eventi ci impone.
Grazie a tutti e buon lavoro