Massimo Cacciari, Contro il caos, l’Occidente riscopra il compromesso, in “La Stampa”, 20 ottobre 2023
Sostenere l’esplodere simultaneo di tre terremoti geopolitici è impensabile. Per le democrazie è ora di ritornare alla diplomazia degli accordi e dei patti.
È un’amara necessità: più la tragedia assume caratteri mostruosi e sembra diventare insuperabile, più cresce l’esigenza di affrontarla con realismo e di collocarla nell’onda lunga della storia che l’ha generata. Ogni speranza ancora coltivabile sta oltre questo scoglio.
Che la globalizzazione tecno-economico-finanziaria nulla abbia a che fare con un pacifico progresso dei nostri destini ormai lo hanno capito anche i suoi più ciechi apologeti. La politica con la maiuscola, che è sempre stata grande Politica internazionale, è tornata prepotente in tutta la sua tragicità. I suoi attori fondamentali o sapranno affrontare il momento in base alla recta intentio di raggiungere accordi o patti (stessa radice di pace) ragionevoli e durevoli, oppure la situazione precipiterà necessariamente verso conflitti sempre più globali. Per una grande potenza la condizione imprescindibile per poter orientare razionalmente la propria strategia consiste nell’esatta valutazione delle forze in campo e nello stabilire quali tra queste costituiscano il “nemico”, ovvero l’avversario potenzialmente più pericoloso per la propria sicurezza, verso il quale concentrare i propri sforzi. Ma questa valutazione, a sua volta, deve fondarsi su un’analisi della solidità della propria situazione interna e di quella degli eventuali alleati.
Chiediamoci allora: l’Occidente che era europeo fino al suicidio d’Europa con le due grandi Guerre, e che da allora è americano, è forte abbastanza da sostenere e superare, ribadendo la propria egemonia, l’esplodere simultaneo di tre grandi faglie, di tre colossali terremoti in uno? Nemica la Russia, nemica la Cina e nemico il mondo islamico nella sua totalità, a prescindere dalla posizione di questo o quel governo? Difende l’Occidente chi predica che possano essere affrontati insieme o chi sostiene che occorra collocarli in un ordine di priorità e che dovunque sia possibile queste reazioni nucleari vadano disinnescate? L’Occidente attuale non è in grado di tagliare tali nodi con la spada di Alessandro.
L’impero americano non è affatto in declino, ma non è certo nelle condizioni che in troppi, forse, si auguravano dopo il dissolversi dell’URSS, e cioè di puntare all’affermazione di un suo “pacifico” primato, da tutti più o meno “pacificamente” riconosciuto. Una cosa è certa nella totale incertezza: che un governo “monarchico” del pianeta è impossibile, e impossibile che i suoi popoli acconsentano di ridursi in unum ovile. Durissima è destinata a farsi la competizione con la Cina, anche a prescindere dallo spettro di uno scontro per Taiwan. Con Russia è guerra e in guerra è di nuovo Israele. Sostenibili tre fronti o irresponsabile il ritenerlo, e proprio a nome della sicurezza americana e di tutti i paesi occidentali?
Lasciamo da parte ideologie, fraseologie, propaganda. È di vitale importanza per i nostri materiali interessi e la nostra sicurezza misurare bene il pericolo rappresentato dall’avversario. La Russia ha aggredito un Paese sovrano e deve ritirarsi dal suo territorio – poco importa ora che questa “regola” del cosiddetto diritto internazionale sia stata clamorosamente da altri violata. Ma questo significa che l’attuale Russia sia il Nemico? Che la Russia post-sovietica possa rappresentare una minaccia globale? Affermazioni ridicole, che si comprendono nella propaganda ucraina, ma che persone sane di mente non dovrebbero neppure immaginare.
Altrettanto “insano” sarebbe oggi ritenere che si possa protrarre, dopo l’assalto di Hamas e la reazione israeliana, senza un allargamento ingovernabile della guerra, una situazione che rimanda sine die l’unica soluzione possibile: la creazione di un autentico Stato palestinese nei territori già definiti dalle risoluzioni dell’ONU e che Israele ha continuato a occupare, in cambio di un chiaro e definitivo riconoscimento dello stesso Stato di Israele. Realismo si impone alla leadership palestinese dopo decenni di suoi fallimenti. Realismo, altrettanto, da parte americana e israeliana. Così si difende Israele stessa, non con acritici e incondizionati appoggi ai suoi governi qualsiasi cosa combinino. Un simile sostegno si poteva spiegare quando Israele bilanciava strategicamente il ruolo dell’URSS in Medio-oriente (Siria in particolare). Ma ora? Vale anche qui il discorso fatto per l’Ucraina. La Russia è un nemico sostanzialmente già vinto, che può essere pericoloso soltanto se ridotto alle corde. Vinta non è affatto, invece, l’inimicizia profonda dei popoli arabi nei nostri confronti. E tanto meno vinto è il pericolo di un’intesa di carattere strategico tra l’ex-impero russo e il vero, antico e nuovissimo impero, quello cinese.
Qualsiasi seria e disincantata analisi della situazione non può concludere diversamente. È urgente mettere in campo al più presto le armi della politica e della diplomazia per sciogliere i nodi dell’Ucraina, dell’insieme dei rapporti tra Europa e Russia, e per riprendere il percorso iniziato vent’anni fa con i colloqui, più che accordi, di Oslo. Nulla ostacola questa prospettiva dal punto di vista degli interessi generali dell’Occidente. È il perdurare dell’attuale situazione che li minaccia alla radice – e con particolare violenza proprio quelli degli alleati europei. Se il loro tramonto politico è forse un destino segnato ormai da oltre un secolo, non così lo sarebbe la loro decadenza anche economica, la crisi delle loro politiche di Welfare, se potessero avviarsi almeno serie trattative su quelle crisi che appaiono oggi affrontabili con ragionevole realismo, come quella ucraina e quella israeliano-palestinese. Dai Paesi della vecchia Europa almeno questa flebile voce sembra lecito attendersi.