La crisi dell’ordine globale, genesi e implicazioni

Con questa NL riprendiamo ad occuparci dei fatti più rilevanti che riguardano il mondo attuale e ci interessano da vicino. Inevitabile parlare di quanto sta avvenendo in Palestina. Qui iniziamo cercando di inquadrare quella crisi, come del resto quella Ucraina, in un quadro più ampio.

Proponiamo tre interessanti interventi che hanno molto in comune: il fatto di collocare i conflitti in corso nel quadro ben più vasto della crisi dell’ordine globale emerso dalla seconda guerra mondiale, l’ampiezza dell’analisi anche quando sinteticamente espressa, una prognosi che pur non escludendo il prevalere della ragione mette in chiaro quali sarebbero gli esiti nell’ipotesi infausta che fossero altre le logiche destinate ad imporsi.

  1. Uno scampolo di un mondo in disordine. Intervista a JoschKa Fischer di P. Valentino

L’ambizione prende il sopravvento sulla ragione, che ancora una volta diventa ostaggio delle passioni nazionaliste e religiose. [JoschKa Fischer]

Il Corriere del 3 novembre 2023 pubblica una lungimirante (e preoccupante) intervista a JoschKa Fischer (*) curata da Paolo Valentino. In essa viene descritto in modo semplice, sintetico e condivisibile lo stato del mondo, da quando il domino iniziato con l’aggressione Russa all’Ucraina sta mettendo definitivamente in crisi la “pax americana” iniziata nel 1945 (con tutti i suoi difetti certamente). 

Quello che vediamo oggi “è uno scampolo di un mondo in disordine”. “La volontà di mantenere lo status quo è notevolmente diminuita. L’ambizione prende il sopravvento sulla ragione, che ancora una volta diventa ostaggio delle passioni nazionaliste e religiose”. Se l’attuale polarizzazione politica dovesse proseguire “nessuno otterrà vantaggi”. Perché “i tentativi di spostare gli equilibri del potere globale non sono mai avvenuti senza violenza”. Si tratta di una dinamica che “l’occidente semplicemente non può permettersi di accettare”. Serviranno “sforzi diplomatici titanici” e sarà necessario tener conto “della domanda di avere un posto a tavola” proveniente dal sud del mondo.

Ragionevole pare essere anche la domanda finale, che potrà sembrare un po’ troppo filoamericana per i nostri pregiudizi, ma che forse ci stiamo ponendo anche noi in questi giorni: che cosa succederebbe in questa crisi mediorientale se non ci fosse Biden, se ci fosse qualcun altro?

* JoschKa Fischer è stato Ministro degli affari esteri della Germania e vice-cancelliere nei due governi di Gerhard Schröder dal 1998 al 2005. È un membro di spicco di Alleanza 90/I Verdi (“grünen”) ed è stato tra i protagonisti delle proteste studentesche del 1968 in Germania. È membro del Gruppo Spinelli per il rilancio dell’integrazione europea.

2. Tre grandi faglie incrinano l’ordine mondiale. Di Massimo Cacciari

“L’occidente attuale non è in grado di tagliare i nodi con la spada di Alessandro” [M. Cacciari]

Un articolo di Massimo Cacciari, apparso su La Stampa il 20 ottobre, permette di integrare gli argomenti esposti nell’intervista a Joschka Fischer. I due vedono infatti la situazione attuale del mondo da un punto di vista molto simile.

Cacciari muove da una domanda fondamentale: “l’Occidente è forte abbastanza da sostenere e superare, ribadendo la propria egemonia, l’esplodere simultaneo di tre grandi faglie?” Si riferisce ovviamente alla guerra con la Russia, alla crisi in Medio Oriente e, più importante di tutte, al latente conflitto con la Cina. 

Si può concordare con lui quando, avendo in mente certi commentatori nostrani che scrivono dopo aver inforcato l’elmetto, si chiede: difende l’Occidente chi predica che possano essere affrontate insieme o chi sostiene che occorra collocarle in un ordine di priorità e che dovunque sia possibile queste reazioni nucleari vadano disinnescate? Ciò, considerata l’evidenza che “un governo «monarchico» del pianeta è impossibile [come] è impossibile che i suoi popoli acconsentano di ridursi in unum ovile”.

Non è dato sapere cosa Cacciari pensi degli USA, quando giustamente richiama alla necessità di affrontare queste crisi con “realismo”. Non è improbabile però che le stesse domande stiano occupando anche le stanze del Pentagono e della Casa Bianca. 

In modo affine a Joschka Fischer Cacciari delinea la responsabilità gravante sugli attori fondamentali della politica internazionale come segue: essi dovrebbero affrontare il momento in base alla recta intentio di raggiungere accordi o patti ragionevoli e durevoli. Se non ci riusciranno la situazione precipiterà necessariamente verso conflitti più globali. 

3. Un mondo senza dialogo. Un articolo di Lucrezia Reichlin

Il paradosso in cui ci siamo cacciati è che di fronte all’evidenza che i problemi più gravi da affrontare richiedono cooperazione internazionale, il mondo si frammenta in blocchi non dialoganti. [L. Reichlin]

Pur muovendo da un approccio diverso, di taglio eminentemente economico, a conclusioni che ben si integrano con quelle di Fischer e Cacciari giunge Lucrezia Reichlin, la brava economista italiana, editorialista del Corriere, in un articolo pubblicato il 7/11/2023. Difficile da sintetizzare perché molto denso. Ma ci proviamo.

Il sistema che vide la luce a Bretton Wood nel 1944, certo costruito attorno agli interessi economici degli USA, ma che doveva garantire stabilità al mondo, era in realtà divenuto già instabile negli anni 70. Non vi si rispose con la riforma delle istituzioni internazionali ma con un nuovo credo, il liberismo di Reagan e Thatcher. Quello che avvenne dopo – liberalizzazione del commercio internazionale e del sistema finanziario, crescita dei flussi di capitale, sviluppo di alcuni dei paesi emergenti, ma non di altri, ecc. – vide vincitori e vinti. Il mondo assistette a una grande redistribuzione tra Paesi e all’interno dei Paesi che ha finito per minare la stabilità geopolitica.

La crisi del 2007-08 rivela le debolezze del sistema. Ma nemmeno allora si diede risposta alle nuove sfide. La stabilità finanziaria fu ricostruita, ma con grandi costi e ulteriori effetti redistributivi: si salvarono le banche, ma si richiesero sacrifici ai ceti più deboli. La conseguenza, secondo la Reichlin, in questo punto forse un po’ troppo sbrigativa ed economicista, è stata una crisi politica delle democrazie occidentali.

Nel frattempo emergono sempre più chiaramente i grandi rischi globali a tutti noti: dal dissesto ambientale alle migrazioni. Oggi non si tratta più di assistere singoli paesi in crisi, ma di intervenire sulle connessioni tra Paesi. Sapendo però che non c’è più una potenza egemone e che il sistema disegnato negli anni Quaranta è ormai percepito come illegittimo da una larga parte del mondo.

Le guerre regionali in questo quadro non sono altro che il sintomo di un mondo divenuto instabile e pericoloso. “Il vero rischio ora è costituito dalle conseguenze globali di una crisi geopolitica endemica che blocca ogni possibilità di cooperare per affrontare i problemi che hanno soluzione solo se si coopera”. 

La conclusione ricorda quelle di Fischer e di Cacciari. È necessario accettare il nuovo multipolarismo, adottare schemi di cooperazione flessibili, capaci di mantenere relazioni accettabili tra paesi con sistemi politici diversi. Questa “è l’unica via possibile da percorrere per evitare che i conflitti si estendano e che il mondo si avvii a una catastrofe economica ed ecologica”. Chi ha orecchi da intendere intenda!