Quando pensiamo all’Africa tendiamo ad averne una immagine pauperistica. Non siamo sufficientemente avvertiti che un continente il quale da qui al 2050 vedrà raddoppiare la propria popolazione (avrà un quarto della popolazione mondiale), pur in mezzo a problemi giganteschi, è destinato ad essere l’unico davvero giovane rimasto e ciò si rifletterà anche sul piano della creatività e dell’innovazione. Da questo punto di vista è molto significativa la Biennale di architettura inaugurata il 20 maggio a Venezia, di cui dà conto l’articolo di Giuffrè. Per la prima volta, i riflettori sono puntati sull’Africa e sulla sua diaspora, su quella cultura fluida e intrecciata di persone di origine africana che oggi abbraccia il mondo. La mostra, di cui è curatrice l’architetta e scrittrice di origini ghanesi-scozzesi Leslye Lokko, permette di cogliere la diffusa energia di cambiamento che traspare dall’architettura africana contemporanea fino al punto di far dire a Giuffrè: “non c’è luogo del pianeta più ricco di esperimenti sociali, economici e urbanistici che il continente africano”.