Una donna sudanese, Amira Osman, originaria di Khartoum e ora residente in Sud Africa piange sulla rovina della sua città. Khartoum, una grande città di quasi sei milioni di abitanti, fino a ieri era tranquilla e, in certe sue parti almeno, relativamente benestante. Essa “non conosceva guerre, né combattimenti”. “I miei amici sudanesi semplicemente non avevano l’abitudine alle armi, né avevano mai avuto una pistola puntata contro di loro” dice la Osman.
Dal 15 aprile è in atto uno scontro violento tra milizie contrapposte per il controllo del Paese. Dopo appena 40 giorni l’OIM stima in oltre un milione coloro che sono fuggiti dal Sudan, mentre la tregua mediata da Washington e Riad, ufficialmente sottoscritta il 22 maggio, non ha interrotto gli scontri.
Solo ora, dice l’autrice, denotando una sensibilità che ce la fa apprezzare particolarmente, mi rendo conto delle sofferenze in altre parti del mondo di cui sentivo solo parlare. E se ne scusa: “Purtroppo non sono così compassionevole come speravo di essere”. Questa vicenda che la riguarda da vicino le ha “sicuramente fatto capire meglio le lotte degli altri in tutto il mondo; se non altro, spero che l’esperienza mi aiuti a diventare una persona migliore”.