Il punto di vista di Daniele Menozzi

Si può immaginare quanta preoccupazione abbia destato in questo quadro il discorso di Kirill, una delle autorità religiose in dialogo con Roma, che avrebbe potuto essere un interlocutore decisivo della diplomazia vaticana in vista della sua azione di pace. Si ricorderà a questo proposito lo storico incontro a Cuba del 2016 con Francesco e il preventivato viaggio a Mosca dello stesso, ora reso difficile dagli eventi. È proprio con la necessità di mantenere aperti i canali del dialogo ecumenico che si spiega secondo Daniele Menozzi, storico delle religioni di formazione cattolica, (intervista apparsa su “Il Foglio” del 16/03/2022) i toni non espliciti della condanna papale dell’aggressione: “Se il papa vuole mantenere un dialogo con il patriarca di Mosca che ha legittimato la guerra, non può partire con una condanna esplicita dell’aggressore”. È quindi una “logica politica [quella] che ha guidato il Papa”. Una scelta di questo genere non è senza costi morali, ma la pace è così importante che questi costi possono essere accettati. E questa potrebbe essere considerata una lezione per coloro che pensano che la radicalità senza mediazioni delle posizioni sia l’unica via evangelicamente praticabile.

Nella sua intervista Menozzi accenna inoltre a un tema che andrà approfondito meglio. Diversamente da prese di posizione avvenute anni fa (Giornata della Pace del 2017), che sembravano porre fine alla dottrina della guerra giusta, in relazione alla crisi ucraina gli accenni del Papa alla non violenza sono stati scarsi. Ciò sembra riproporre “gli atteggiamenti caratterizzanti la dottrina della guerra giusta senza dire che la guerra può essere legittima”.

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