L’invasione illegale russa dell’Ucraina ha scioccato l’Occidente e molti cittadini comuni russi. Ma per coloro che capiscono l’establishment russo e la sua visione degli interessi vitali della Russia non dovrebbe essere stata una completa sorpresa.
Da quando l’espansione della NATO è iniziata a metà degli anni ’90, i funzionari russi e altre figure dell’establishment hanno avvertito che se l’Occidente avesse cercato di trasformare l’Ucraina in un suo alleato contro la Russia questo avrebbe portato allo scontro e al limite alla guerra. Come ha insegnato il grande studioso di relazioni internazionali Hans Morgenthau, per elaborare una politica statunitense praticabile nei confronti degli altri grandi stati, è essenziale capire dall’interno come essi vedono il mondo e il posto del loro paese nel mondo. Oggi abbiamo bisogno di fare questo se vogliamo elaborare una politica verso la Russia che porti alla fine di questa guerra, al ritiro russo dall’Ucraina e al ripristino della sovranità ucraina.
Gli apparati diplomatici e di sicurezza di tutti i maggiori stati operano sulla base di quelle che potremmo chiamare dottrine riguardanti gli interessi vitali dei loro paesi e il loro posto nel mondo. L’establishment russo crede che Mosca debba essere uno dei poli in un mondo multipolare. Se non si crede in questo non si appartiene all’establishment russo, così come se non si crede nel primato globale degli Stati Uniti non si appartiene all’establishment statunitense.
L’Ucraina è fondamentale per questa visione. Una Ucraina ostile alla Russia e fortemente legata all’Occidente nega qualsiasi possibilità che la Russia guidi un blocco regionale di stati ragionevolmente forte. Da questo punto di vista, la maggior parte degli osservatori occidentali non ha capito quanto sia stata grave la sconfitta subita dalla Russia quando l’Ucraina è stata travolta dalla rivoluzione del 2014 e ha rifiutato l’adesione all’Unione Eurasiatica. In confronto, conquistare parte del Donbas, come pure annettere la Crimea, sono stati premi di consolazione molto miseri.
L’Ucraina è di gran lunga la più grande repubblica ex sovietica oltre alla Russia, con 44 milioni di persone contro i 18 milioni del Kazakistan e i 9 milioni della Bielorussia. L’Ucraina ha di gran lunga la più grande minoranza etnica russa fuori dalla Russia. Senza un’Ucraina largamente russofona, la Russia perde gran parte del suo status di lingua internazionale. Senza l’adesione dell’Ucraina, l’Unione Eurasiatica è un’ombra patetica. Come strategia minima, l’establishment russo – a cominciare dal governo di Boris Eltsin negli anni ’90 – è stato assolutamente determinato a non far entrare l’Ucraina in un’alleanza anti-russa.
L’interesse della Russia in Ucraina, tuttavia, va ben oltre l’aspetto economico e strategico. Come sottolineato negli articoli e nei discorsi di Putin, i russi vedono la loro identità culturale e storica come strettamente legata a quella dell’Ucraina. Questo deve qualcosa alle origini dello stato russo e della religione ortodossa nella Rus’ di Kiev, come pure deve qualcosa al ruolo degli ucraini nella cultura russa moderna, ben simboleggiato da Nikolai Gogol (Mykola Hohol in ucraino), il grande scrittore ucraino che si è identificato con l’impero russo e ha scritto in russo.
Questo fattore conferisce un forte intonazione nazionalistica all’atteggiamento russo e di Putin verso l’Ucraina giustificata dalla storia passata. In Russia c’è una certa comprensione delle ragioni che spingono gli ucraini a volere un proprio stato, ma quasi nessuno è d’accordo sul fatto che gli ucraini vogliano definire questo stato in contrapposizione alla Russia. Di qui la demonologia russa a proposito del “nazismo” ucraino e della “manipolazione degli Stati Uniti”. In altre parole, mentre i funzionari russi usano il termine “Dottrina Monroe” per spiegare e giustificare il loro desiderio di impedire all’Ucraina di unirsi a un’alleanza ostile, il loro interesse per quel paese ha una forza emotiva del tutto assente negli atteggiamenti degli Stati Uniti verso il Messico.
Probabilmente non sapremo mai se la Russia avrebbe accettato un’offerta di compromesso occidentale (se ne fosse stata fatta una) che prevedesse una moratoria sull’espansione della NATO e la limitazione reciproca delle armi, inoltre questa domanda è ora solo accademica. L’appetit vient en manger (“l’appetito cresce mangiando”, come dicono i francesi), e più la Russia occupa l’Ucraina, più ambiziosi saranno i suoi obiettivi in quel paese.
Il punto è, tuttavia, che questi obiettivi sono ora concentrati in modo schiacciante sull’Ucraina. Nessuno a Mosca sembra credere in questo momento che ci sia la possibilità di un futuro accordo con la NATO sulla limitazione delle armi convenzionali, o su qualche forma di nuova architettura di sicurezza europea. Il massimo che oggi può essere sperato a Mosca è un trattato in stile guerra fredda sulla riduzione delle armi nucleari, e forse qualche accordo sulla sicurezza informatica. Quando il governo russo ha deciso di invadere l’Ucraina, ha scelto di accettare che le relazioni con l’Occidente sarebbero state sostanzialmente ostili per molto tempo a venire.
Il governo russo mira a stabilire una sfera di influenza russa, non una nuova versione dell’Unione Sovietica. Putin ha dichiarato che “chi non sente la mancanza dell’Unione Sovietica non ha cuore, ma chi la rivuole non ha cervello”. L’Unione Eurasiatica è molto lontana dall’URSS (ovvero dalla Federazione delle repubbliche sovietiche, ndr). Il Kazakistan per esempio è un membro, e ha sempre cercato buone relazioni con la Russia. Ma i funzionari kazaki hanno dichiarato pubblicamente e ripetutamente che l’Unione Eurasiatica non è una qualche forma di super-stato; come pure il Kazakistan ha ripetutamente rifiutato di seguire la guida della Russia negli affari internazionali – compreso il più recente rifiuto di riconoscere l’indipendenza delle repubbliche del Donbas. L’Unione Eurasiatica e l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) sono cioè partenariati piuttosto laschi.
Per quanto riguarda l’eventuale dominio russo dell’Europa orientale oltre i confini dell’ex URSS, tutto questo è molto al di là delle ambizioni e delle capacità della Russia. Non solo coinvolgerebbe la Russia in un attacco alla NATO, con tutti gli i tragici rischi che questo comporterebbe (mentre gli Stati Uniti e la NATO hanno dichiarato esplicitamente che non combatteranno per difendere l’Ucraina); ma richiederebbe alla Russia di soggiogare e tenere sotto controllo la Polonia. I funzionari e i commentatori russi con cui ho sollevato questa possibilità sono semplicemente scoppiati a ridere per l’assurdità dell’idea.
Per quanto riguarda l’Ucraina, ci sono due possibili strade che la Russia può prendere. Quale delle due verrà scelta diventerà evidente nei prossimi giorni, o forse ore. La prima sarebbe un accordo con l’attuale governo ucraino (come richiesto pubblicamente dalla Russia subito dopo l’invasione) che garantirebbe la neutralità dell’Ucraina e l’esclusione degli armamenti occidentali. Mosca quasi certamente chiederà anche che le repubbliche del Donbas, e qualsiasi altra area russofona occupata dall’esercito russo, ricevano uno status completamente autonomo all’interno di un’Ucraina federale. Mosca probabilmente presenterà questo all’Occidente come una versione estesa dell’accordo di Minsk II del 2015 sull’autonomia del Donbas all’interno dell’Ucraina.
Il secondo percorso sarebbe per la Russia di occupare la stessa Kiev, sostituire il governo ucraino con marionette russe, e redigere una nuova costituzione federale ucraina sotto il diktat russo. A questo punto, Mosca potrebbe anche cercare di forzare il nuovo stato vassallo ucraino a unirsi all’Unione Eurasiatica e alla CSTO. Questo sarebbe un progetto molto più pericoloso per la Russia.
A differenza dei governi territoriali nelle aree di lingua russa, che Mosca almeno spera possano ottenere una qualche legittimazione da parte delle popolazioni locali, un governo fantoccio a Kiev, nel cuore etnico ucraino, sopravvivrebbe solo con la presenza permanente di un esercito russo. Il governo e l’esercito si troverebbero di fronte a continui disordini di massa e a una resistenza violenta, che potrebbero sedare solo attraverso una repressione selvaggia.
Tutto questo sarebbe atroce per il popolo ucraino e molto pericoloso per la NATO. Se gli Stati Uniti decidessero di armare una guerriglia in Ucraina, tali aiuti potrebbero essere forniti solo attraverso la Polonia – che la Russia potrebbe poi prendere direttamente di mira, il che probabilmente espanderebbe e intensificherebbe il conflitto in modo drammatico. Inoltre, questa guerriglia si trasformerebbe inevitabilmente in un conflitto etnico condotto dai nazionalisti ucraini contro la popolazione locale russa, rendendo quasi impossibile qualsiasi unità a lungo termine dell’Ucraina e probabilmente portando all’eventuale annessione russa delle aree russofone dell’Ucraina.
Lo scopo delle sanzioni occidentali contro la Russia dovrebbe essere quello di spingere la Russia a ritirare il suo esercito dall’Ucraina e ripristinare la sovranità e l’integrità territoriale ucraina (meno la Crimea). Questo però richiederà inevitabilmente una qualche forma di compromesso con la Russia sulla neutralità ucraina (ma non l’adesione all’Unione Eurasiatica) e il federalismo. A meno di una sconfitta militare dell’esercito russo o il collasso dello stato putiniano sembra impossibile ora ottenere un ritiro incondizionato della Russia dall’Ucraina.
L’alternativa è che gli Stati Uniti usino le sanzioni non per cambiare la politica russa in Ucraina, ma per rovesciare il regime in Russia stessa, paralizzando sia lo stato che l’economia russa. Questo sarebbe un progetto molto più ambizioso e pericoloso, e probabilmente inutile. L’uso delle sanzioni da parte degli Stati Uniti per provocare un cambio di regime è stato ovunque un fallimento universale e senza contropartite – a Cuba, Venezuela, Iraq, Iran e Corea del Nord.
La Russia è molto più forte di questi stati, e probabilmente riceverebbe un aiuto molto maggiore dalla Cina, la cui economia ha ormai superato quella degli Stati Uniti. Una tale strategia, prima o poi, aprirebbe anche un abisso tra gli Stati Uniti e i suoi alleati europei, implicando la sponsorizzazione indefinita di una lotta armata in Ucraina, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero per l’Europa.
Prima di tutto, le sanzioni occidentali dovrebbero essere destinate ad aiutare il popolo ucraino. Tuttavia se si tratta di sostenere la guerriglia essa finirebbe per strumentalizzare gli ucraini come un’arma per indebolire la Russia e ricorderebbe alcune delle peggiori azioni statunitensi della Guerra Fredda, quando Washington sosteneva le insurrezioni locali (a volte guidate da figure malvagie come Jonas Savimbi e ideologie estremiste come quella dei mujahedin afgani), senza alcun riguardo per gli interessi delle popolazioni locali.
Al di fuori dell’Europa, la guerra fredda è stata combattuta sui cadaveri di innumerevoli africani, asiatici e centroamericani, e spesso non c’era alcuna differenza morale tra le forze “pro-occidentali” e “pro-sovietiche”. Per l’America seguire questa strada sarebbe un tradimento di quegli stessi ucraini che l’amministrazione americana dice di voler aiutare.